Gazpacho, "MOLOK" (2015) |
Qualcuno ha detto che, in ambito musicale, le cose non sono visibili cioè udibili e bisogna andare a cercarle undeground. Niente di più vero: è proprio ciò che fa #musicheboreali, orientando la propria ricerca a Nord, in terra (e sottoterra) scandinava.
Gazpacho live |
Diciamo piuttosto che sono dei sentimentali e il loro modo di comporre/fare musica ha i toni caldi e rassicuranti di un tramonto autunnale amaranto. Crepuscolari, sì, ma senza concessioni all'oscurità. La magnifica copertina dell'album MOLOK (in uscita il 23 ottobre 2015) rappresenta adeguatamente lo spirito dell'ensemble.
Kiss your Bela |
Forse a qualcuno comincia a venire mal di testa. Torniamo alla musica.
The secret word |
Canzoni come l'inquietante The Master's Voice hanno il fascino di un film horror dove, anziché un sanguinario killer, prendono forma angeli e démoni che cantano insieme, come un tempo. Algorithm è una danza magica che scivola verso sensuali atmosfere medio-orientali. Bela Kiss evoca l'allegria contagiosa di feste balcaniche dove l'energia cresce fino a esplodere con furia liberatoria.
Tutti i nove pezzi (otto nel formato LP) sono avvincenti e, sopratutto, coerenti.
Nel disco c'è un ospite speciale: l'archeologo norvegese Gjermund Kolltveit (lo troviamo nel brano Molok Rising), che suona la Skåra, un pietra sonora che ha più di 10mila anni. Probabilmente è lo strumento più antico mai usato ovvero inciso in un'opera rock.
I motivi per ascoltare MOLOK dei GAZPACHO sono tanti.
Andiamo e ascoltiamo.
Any Gazpacho you like |
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